
Il colophon è un elenco di chi ha fatto cosa, che solitamente apre un percorso espositivo o un libro.
Wikipedia mi dice che questa parola è di origina greca (κóλοφων), lingua in cui assume il significato di: sommità, cima, finitura.
Ancora una volta l’etimologia mi stupisce, perchè per definire il colophon non credo possa esserci definizione migliore.
Personalmente ho sempre avuto una passione struggente per questo illustre elenco.
Ora vi spiego il perchè in 5 punti.
1) perchè è l’elemento più problematico di ogni progetto, fonte inesauribile di discussioni, lascia sempre qualcuno scontento e alla fine lo leggono solo gli addetti ai lavori (forse). In pratica è un caso umano (categoria verso cui nutro spontanea simpatia).
2) perchè deve lasciare le luci della ribalta ai contenuti (della mostra o del volume), ma per saperne di più su chi o cosa c’è dietro, è a lui che bisogna chiedere. Dunque è importante e lo sa, ma non se la tira.
3) perchè credo nel valore della parola “grazie” e il nostro amico di cui sopra presenta tutti ma proprio tutti coloro che hanno lavorato ad un progetto. Chi ha curato, chi ha scritto, chi ha costruito, chi ha corretto, chi ha prestato, chi ha disegnato, chi ha collaborato, chi ha finanziato. è come se dicesse: se quello che vedete esiste è grazie a queste persone. E questo mi piace. Moltissimo.
4) perchè se quando lo leggi vedi il nome di qualcuno che conosci ti senti un po’ più cool.
5) perchè se sei tra i nomi che qualcuno leggerà e riconoscerà significa che hai degli amici che sostengono i tuoi progetti.
Foto in alto: Memorandum Festival di Fotografia Storica @ Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, ph Marco Giarracca
ho conservato un’intera annata di una rivista solo perchè nel colophon, fra i nomi dei collaboratori, c’era anche il mio…
sono le piccole grandi soddisfazioni del lavoro dietro le quinte
io i colophon li ho anche fotografati!