
Se è vero che siamo ciò che mangiamo, il cibo diventa parte integrante della nostra identità, scrive Stefania Cecchetti.
Vegetariani, avventori di fast food, crudisti, affezionati del cibo in scatola, take-away lovers: le scelte alimentari restano una questione personale. Per dirsi “scelte” è però necessario che siano consapevoli, che la selezione e l’acquisto esulino dal packaging o dal posizionamento sugli scaffali.
Nella spesa come nella vita ho capito che certe cose ci rapiscono gli occhi, ma poi dobbiamo osservarle con attenzione per conoscerle e capire se sono buone e se sono adatte a noi. A volte, per riuscirci, basta guardarle con attenzione; altre volte invece dobbiamo spingerci all’assaggio, e molto spesso al primo morso si rivela piacevole salvo poi piantarsi sullo stomaco qualche ora dopo. A volte siamo di fretta quindi quindi la qualità di ciò che finisce nel carrello è direttamente proporzionale al tempo disponibile; quando però riusciamo a concederci una sosta possiamo fare anche scoperte interessanti. Così un po’ per tentativi, errori e intuizioni (come i miei amati scimpanzè Köhleriani), un po’ con l’informazione, possiamo renderci padroni della nostra spesa e di tutto quello che ci circonda.
Spizzicando qua e là impariamo a distinguere quali sono i prodotti genuini, quali invece sono belli fuori e pieni di schifezze dentro. Riconosciamo quelli velenosi, quelli deliziosi, quelli che non hanno sapore, e quelli che sì, sono un po’ pesanti, ma sono così buoni che è proprio impossibile rinunciarci.
E io, per politica, tengo sempre una tisana digestiva nella dispensa.
